Aceto Balsamico Tradizionale di Modena
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena...non solo un condimento
Quando acquistate l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena non comprate solo un condimento. Dentro ad ogni boccetta di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena c'è la storia del popolo modenese, c'è la tradizione famigliare, tramandata di generazione in generazione. La sua produzione non è frutto di un meccanico processo industriale, ma di una lenta e delicata evoluzione che rischia continuamente di venire compromessa da variabili impreviste, come per esempio un improvviso sbalzo di temperatura o la formazione di muffe che possono vanificare in un attimo gli sforzi decennali di una produzione. Solo la cura, l'amore e l'esperienza del produttore ne assicurano il successo finale.
Desideriamo quindi offrirvi la possibilità di scegliere fra diversi marchi di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena perchè, anche se accomunati da una stessa procedura base di produzione, si arricchiscono e differenziano fra di loro per la diversa tradizione famigliare di chi li ha prodotti.
Tutti i marchi che vi proponiamo sono di altissima qualità , e ciascuno offre una sfumatura di gusto unica ed inimitabile, frutto della diversa tradizione famigliare. Sarà difficile scegliere, tutti meritano di essere provati!
Cenni storici sull'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena
Lontane e sconosciute sono le origini dell'aceto balsamico. Ai tempi dell'Antica Roma tra le varie salse che arricchivano le vivande vi era il defrutum. Nelle Georgiche di Publio Virgilio Marone troviamo riferimenti ad un procedimento di cottura del mosto, molto diffuso nel territorio modenese, dal quale si otteneva un condimento molto apprezzato in cucina di nome defrutum, sapa o caraenum a seconda della concentrazione. Il defrutum veniva usato per dolcificare il vino, ma era anche ampiamente usato per la preparazione di pietanze a base di carne sia singolarmente (conferendo all'alimento un leggero sapore agrodolce) sia associato ad altri condimenti.
Proseguendo il cammino storico, ritroviamo tracce dell'aceto balsamico nel Medioevo. Nell'anno 1046 il monaco benedettino Donizone racconta, nella sua cronaca "Vita Mathildis", che Enrico III ° di Franconia, in viaggio verso Roma per essere incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero dal pontefice Clemente II °, fece sosta a Piacenza e in quella occasione mandò un messaggero al potente signore di Reggio Emilia Bonifacio di Canossa (padre di Matilde), per chiedergli in omaggio un po' di quell' aceto speciale prodotto a Canossa, di cui aveva tanto sentito parlare. Bonifacio inorgoglito dalla richiesta di Enrico III °, gli fece dono di una botticella in argento contenente il prezioso aceto. Per trovare tracce più consistenti dell'aceto balsamico nella storia, dobbiamo arrivare al XVI secolo quando si comincia ad apprezzare di più il sapore agrodolce, tipico dei condimenti balsamici prodotti dalle acetaie modenesi. L'aceto diventa così un prodotto raffinato e costoso, rinomato presso le corti di tutta Europa.
Alla fine del XVI secolo le sorti degli aceti modenesi si legarono strettamente con quelle degli Estensi, che in quel periodo presero possesso del ducato di Modena. Gli Estensi apprezzarono e fecero propria la consuetudine e tradizione dei loro sudditi, di produrre l'aceto balsamico, tanto che presso il Palazzo Ducale vi era un'acetaia di 36 barili, nella camera del prato, situata in una delle torri del palazzo.
Si narra che il duca Francesco IV di Modena viaggiasse sempre con un cofanetto del prezioso liquido, usato come conforto per la sua cagionevole salute. Infatti l'aggettivo "balsamico" si riferiva proprio alle proprietà medicinali inizialmente attribuite all'aceto. Nel 1508, Lucrezia Borgia ricorse alle sue proprietà terapeutiche in occasione del parto nel quale diede alla luce il figlio Ercole II a Ferrara.
Durante la peste del 1630 l'aceto venne usato per preservarsi dal contagio facendo con esso dei gargarismi, delle abluzioni, oppure come rimedio contro l'aria infetta, lasciandone cadere alcune gocce sulle braci del camino.
La tradizione popolare attribuisce all'aceto balsamico anche altre virtù come per esempio quella di essere afrodisiaco. Pare che per questa sua virtù l'aceto balsamico venisse utilizzato da Isabella di Gonzaga e sembra che più tardi anche Giacomo Casanova ne apprezzasse i magici effetti.
Consigli per l'uso dell'aceto balsamico tradizionale di Modena
L'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena occupa un posto di grande prestigio in cucina. La sua estrema versatilità fa si che questo condimento si sposi bene con i formaggi stagionati e a pasta dura, con le verdure crude, con i risotti, con le carni bollite o alla griglia, con il pesce, con le frittate, la frutta e il gelato. Per questa sua duttilità , l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena viene utilizzato per impreziosire antipasti, primi piatti, secondi piatti e dessert. Addirittura l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena extra-vecchio è spesso usato come digestivo a fine pasto sorseggiandone un cucchiaino da caffè.
Salvo rare eccezioni, si consiglia sempre di utilizzare l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena a crudo, aggiungendolo all'ultimo momento alle portate che vanno servite calde, per preservare e gustare al meglio il suo ricco sapore.
Qualunque sia il suo utilizzo, l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena va sempre dosato in maniera oculata per evitare di coprire gli altri sapori a cui si abbina. Anche se si lascia sempre spazio al gusto personale, si consiglia di non superare il dosaggio di un paio di cucchiaini a persona.
Va anche detto che ogni Aceto Balsamico Tradizionale di Modena è un mondo a se, con proprie caratteristiche organolettiche. Ci sono aceti per i quali prevale un gusto pieno e rotondo, altri dove si sente più una robusta acidità o una particolare aromaticità dovuta al legno delle botti nelle quali sono invecchiati, e questo fa la differenza anche sugli abbinamenti ad altri alimenti. Per esempio con le verdure crude si abbina meglio un aceto balsamico tradizionale relativamente giovane che presenta una più spiccata acidità , mentre per i cibi cotti che vanno serviti caldi si preferisce un aceto balsamico tradizionale più maturo in grado di sprigionare la sua pienezza di sapore.
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena: la procedura
L'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena si ottiene dal mosto delle uve Trebbiano e Lambruschi che vengono coltivate nella provincia di Modena. In febbraio o inizio marzo, il mosto viene cotto lentamente ad una temperatura costante senza mai arrivare all'ebolizione. Quando il mosto cotto si è ridotto a circa metà del suo volume iniziale, viene travasato e sigillato in damigiane di vetro, precedentemente sterilizzate, per raffreddarsi. Il liquido comincia lentamente ad acidificare, le particelle più pesanti sedimentano e comincia la fermentazione naturale. Dopo un mese il mosto cotto viene travasato e sigillato in un'altra damigiana di vetro, sempre sterilizzata. Questo processo si ripete in totale per 5 / 7 mesi. Quando sul fondo della damigiana si forma una una bella pellicola marrone è il momento di travasare il giovane aceto in una serie di botticelle di legno per proseguire con un lento e lunghissimo processo di invecchiamento.
La "batteria" di botticelle è composta in media da 5 fino a 7 botti, di dimensioni decrescenti. La più capiente può contenere circa 60-70 litri e poi si scala fino ad arrivare alla più piccola che può avere una capacità che varia dai 10 fino ai 5 litri. Dalla botticella più piccola si preleva l'aceto balsamico che viene poi imbottigliato come prodotto finale. Successivamente occorre riportare a livello il liquido della botticella più piccola, per compensare il prelievo del prodotto finito, e anche quello delle altre botticelle, che a causa dell'evaporazione subiscono un calo annuo del loro contenuto. Quindi ogni anno dopo aver spillato dalla botte più piccola la quantità di aceto che verrà imbottigliata, si procede a fare un rabbocco della botte più piccola con il liquido della penultima botte e si continua via via a scalare, fino alla prima botte più capiente che viene rabboccata con il mosto nuovo bollito.
Le botti che compongono la batteria sono fatte con diversi tipi di legni (rovere, ciliegio, frassino, castagno, ginepro e gelso) che conferiscono al prodotto una naturale aromatizzazione ed influenzano la sua consistenza e colore.
La procedura per diventare Aceto Balsamico Tradizionale di Modena è molto severa. Gli aceti invecchiati per almeno 12 anni vengono portati dai loro produttori al Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o al Consorzio Produttori Antiche Acetaie, che sono gli unici due enti autorizzati a valutare l'idoneità a diventare Aceti Balsamici Tradizionali di Modena. Il consorzio preleva 100 gr. per ciascun aceto presentato e questo quantitativo viene messo in una boccetta anonima, solo numerata e senza etichetta del produttore per evitare ogni forma di condizionamento nel giudizio finale. Ciascun consorzio ha una speciale commissione composta da 5 maestri assaggiatori che esaminano ogni campione, valutandone tutte le caratteristiche organolettiche. Solo gli aceti che vengono approvati da questa commissione possono definirsi "Aceto Balsamico Tradizionale di Modena" ed essere successivamente imbottigliati dal consorzio, nelle speciali ampolle da 100 ml, ideate dal famoso Studio Giugiaro Design. Su ciascuna bottiglietta viene posto il sigillo di garanzia e la numerazione numismatica.
L' Aceto Balsamico Tradizionale di Modena si classifica solo come "Vecchio" (invecchiato almeno 12 anni) o "Extravecchio" (invecchiato almeno 25 anni). L'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena "Extravecchio" è contraddistinto dalla capsula oro.
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